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angle-left Redefine e Respond: progetti europei per combattere il disagio psicologico nei migranti e nella popolazione sottoposta a stress da Covid-19 - 10.02.2022

 

L’Università di Verona ospita, nel dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, il Centro collaboratore dell’Organizzazione mondiale della sanità, Oms, per la ricerca e la formazione in salute mentale. Il Centro ha iniziato le proprie attività il 23 febbraio 1987 grazie alla visione strategica di Michele Tansella, già professore ordinario di Psichiatria dell’ateneo scaligero. Dal febbraio di quell’anno, il Centro di Verona ha mantenuto questo ruolo all’interno dell’Oms, rivestendo incarichi di prestigio e collaborando a progetti che hanno influito sulle politiche sanitarie in termini di salute mentale su scala internazionale.

Il Centro è coordinato da Corrado Barbui, docente ordinario di Psichiatria e direttore del dipartimento, e ospita ricercatori con competenze e formazione diversificate, tra cui psichiatri, psicologici, statistici, esperti di salute pubblica, di aspetti economici e nella valutazione dei servizi psichiatrici.

 

Nel corso degli anni, la collaborazione tra l’Oms e il Centro di Verona ha riguardato numerosi ambiti:

 

  • Lo sviluppo di nuovi metodi per migliorare il trasferimento delle conoscenze in ambito di salute mentale dal mondo della ricerca alla pratica clinica quotidiana, non solo nei paesi più svantaggiati da un punto di vista economico, ma anche in contesti più sviluppati in cui aree di marginalità e basso livello socioeconomico rappresentano fattori di rischio di sviluppare disagio psicologico. Questo ambito di collaborazione ha permesso lo sviluppo di linee-guida e raccomandazioni basate sulle evidenze che la Oms utilizza per migliorare la assistenza psichiatrica nei paesi svantaggiati dal punto di vista economico, e che il Centro di Verona utilizza per migliorare l’assistenza a popolazioni svantaggiate nel nostro territorio.

 

  • L’aggiornamento continuo della lista dei farmaci essenziali dell’Oms. Il Centro di Verona è riferimento per l’aggiornamento periodico dei farmaci utilizzati per trattare le principali malattie psichiatriche, considerati essenziali dalla Oms. Il termine “essenziali” si riferisce a quei farmaci che ogni nazione, a prescindere dal livello economico di appartenenza, dovrebbe includere nel proprio prontuario Nazionale.

 

Nel 2021 il Centro di Verona ha preparato un dettagliato report scientifico per l’inclusione di un nuovo farmaco antipsicotico a lento rilascio, e il Comitato di esperti internazionali della Oms, sulla base di tale report, ha deciso di accogliere la richiesta e di includere il nuovo farmaco tra quelli considerati essenziali a livello mondiale.

 

  • La valutazione dell’efficacia di interventi psicosociali per migliorare il disagio psicologico e per prevenire l’insorgenza di malattie psichiatriche in popolazioni esposte a traumi e situazioni stressanti. Negli ultimi anni il Centro Oms di Verona ha studiato l’efficacia di interventi di supporto psicologico sviluppati dall’Organizzazione mondiale della sanità realizzando sperimentazioni randomizzate finanziate dalla Commissione Europea. Lo studio Redefine, coordinato dal Centro scaligero e concluso nel 2020, ha dimostrato, per la prima volta, l’efficacia preventiva di tali interventi in rifugiati e richiedenti asilo ricollocati in Europa e in Turchia. Lo studio Respond, attualmente in corso, sta reclutando popolazioni esposte a fattori stressanti, in particolare, migranti, personale sanitario, persone vulnerabili esposte all’epoca Covid-19, per verificare l’efficacia di nuove modalità di somministrazione di tali interventi da attuare di persona, online, in gruppo o in modalità individuale.

 

Per il futuro, considerato che, come afferma l’Oms, quando si affrontano temi di salute mentale nessuna nazione può considerarsi completamente sviluppata, il Centro Oms di Verona ha pianificato di utilizzare la propria esperienza e professionalità per sviluppare azioni di supporto al benessere psicologico in popolazioni a rischio a livello nazionale e locale, al fine di colmare il gap ancora esistente in salute mentale tra conoscenze scientifiche, sempre più raffinate e dettagliate, e attività quotidiana, troppo arretrata e poco attenta ai bisogni riabilitativi e di autonomia degli individui con problemi di salute mentale.

Da un punto di vista economico, le attività del Centro Oms di Verona sono finanziate dalla Commissione Europea nell’ambito dei bandi competitivi Horizon, dall’Agenzia italiana del farmaco, Aifa, nell’ambito dei bandi competitivi per la ricerca indipendente, dall’Oms, da donazioni di privati cittadini, e dall’università di Verona, dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento che fornisce infrastrutture, risorse e supporto fondamentali per la vita del Centro. Data la propria mission, il Centro Oms di Verona non riceve finanziamenti dall’industria farmaceutica.     

 

 

Redefine e Respond: progetti europei per combattere il disagio psicologico nei migranti e nella popolazione sottoposta a stress da Covid-19

 

Avviata la prima fase a supporto di studentesse e studenti e cittadini stranieri

 

Progetto Redefine

“Redefine, Refugee Emergency: Defining and Implementing Novel Evidence-based psychosocial interventions” è il titolo del progetto scientifico finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del programma quadro Horizon 2020 e coordinato dal Centro Oms dell’Università di Verona. Giunto alla sua conclusione nel 2020 lo studio ha dimostrato che nei migranti con disagio psicologico è possibile prevenire l’evoluzione di tale disagio in patologie psichiatriche utilizzando un intervento psicosociale semplice, economico e applicabile su larga scala sviluppato dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

“Self-Help Plus” è un intervento psicologico guidato da facilitatori non specializzati, senza una formazione specifica in psicologia ma di cultura uguale o simile a quella dei partecipanti, che può essere somministrato in gruppi fino a 30 persone. Un vero e proprio kit composto da una registrazione audio e da un libro illustrato che permette di effettuare discussioni di gruppo guidate dai facilitatori. È somministrato in cinque sessioni per una durata di circa due ore l’una.

Le ricercatrici e i ricercatori coinvolti nel progetto hanno condotto lo studio su un campione di 1.101 rifugiati e richiedenti asilo siriani, afgani, pakistani, iracheni, nigeriani, di età uguale o superiore a 18 anni, in grado di parlare e comprendere una delle seguenti lingue: Arabo, Dari, Inglese e Urdu con un disagio psicologico, in assenza di una diagnosi di disturbo mentale. Sia lo studio in Europa che quello in Turchia hanno evidenziato l’impatto dell’intervento nel prevenire disturbi mentali e nel ridurre il disagio psicologico e la sua evoluzione verso patologie psichiatriche conclamate. Questo effetto è stato molto più evidente per lo studio in Turchia dove sono stati osservati effetti sostanziali a un controllo a sei mesi: mentre il 41% dei partecipanti assegnati al controllo sviluppava un disturbo mentale, nel gruppo SH+ tale percentuale scendeva al 21%. In Europa gli effetti sono stati marcati solo dopo la somministrazione dell’intervento, in cui il 19% dei partecipanti al controllo presentava un disturbo mentale confrontato al 9% delle persone che ricevevano Self Help Plus. Questa differenza può essere spiegata prendendo in considerazione i diversi contesti di riferimento e il fatto che in Turchia i partecipanti erano esposti a situazioni di stress più elevato rispetto ai partecipanti in Europa.

I risultati ottenuti hanno evidenziato la necessità di rendere disponibile l’intervento Self-Help Plus per i migranti in varie lingue. Per questo la guida è disponibile in Inglese, Dari, Urdu, Arabo, Pidgin English. È, inoltre, disponibile la versione italiana realizzata a cura dell’ateneo scaligero accessibile sul sito web della Organizzazione mondiale della sanità.

Il potenziale di questo intervento come strumento di prevenzione per popolazioni sottoposte ad elevato stress psicologico ha tra le implicazioni indirette la possibilità di impiegare Self-Help Plus in altre popolazioni esposte a disagio, per esempio quello causato dalle restrizioni legate alla pandemia da Covid-19. Self-Help Plus si candida, dunque, come possibile intervento di prima linea, adatto ad ampie fette di popolazione, per ridurre il disagio psicologico causato dal distanziamento fisico e relazionale. È in questo contesto che, prima ancora della conclusione dello studio Redefine, il Centro Oms dell’ateneo veronese si è consorziato con altri 13 partner europei per un nuovo progetto di ricerca, sempre finanziato all’interno del programma comunitario Horizon 2020, che studierà l’efficacia del Self-Help in popolazioni vulnerabili esposte all’emergenza del Coronavirus.

 

Progetto Respond

 

Il nuovo progetto, denominato “Respond, Improving the Preparedness of Health Systems to Reduce Mental Health and Psychosocial Concerns resulting from the Covid-19 Pandemic”, ha recentemente ricevuto un finanziamento di oltre sei milioni di euro e vede l’ateneo veronese in prima linea per i prossimi tre anni nelle ricerche in questo settore assieme ad altri centri in Europa: Paesi Bassi, Spagna, Belgio e Francia.

Obiettivo del progetto è quello di identificare i gruppi di popolazione che maggiormente sono vulnerabili ai problemi di salute mentale a causa della pandemia, con particolare attenzione ai lavoratori in prima linea, ai migranti e a bambine e bambini, per offrire loro un intervento di supporto e preventivo con programmi psicologici sviluppati dall'Oms che hanno dimostrato di essere efficaci e possono essere implementati rapidamente e a basso costo. Il progetto attiverà e adatterà anche programmi gestibili dal punto di vista dei costi per aiutare chi necessita di assistenza e cercherà di identificare strategie efficaci per migliorare la preparazione del sistema sanitario in caso di future pandemie.

Gli obiettivi del progetto europeo sono: identificare i fattori critici di resilienza e individuare specifici gruppi vulnerabili a rischio di un impatto negativo sulla salute mentale a causa della pandemia Covid-19, nell’immediato e a lungo termine;  migliorare la resilienza, il benessere e la salute mentale degli operatori sanitari e assistenziali in prima linea e di altri gruppi vulnerabili implementando programmi in larga scala dell'Organizzazione mondiale della sanità;  guidare le decisioni politiche future comprendendo e minimizzando gli effetti della pandemia Covid-19; indirizzare le strategie di contenimento della salute pubblica ed evidenziare strategie sulla salute mentale per il benessere dei gruppi vulnerabili nei diversi sistemi sanitari europei. Sono già stati formati tutti i professionisti coinvolti nei vari centri con training specifici e saranno almeno 1000 le persone che potranno ricevere questo supporto.

Il centro veronese, anche grazie all’esperienza pregressa, si è focalizzato sulla popolazione migrante, un gruppo di persone particolarmente vulnerabile per la sofferenza psicologica causata dalla pandemia da Covid- 19, con l’obiettivo di promuovere il benessere psicologico di queste persone. Tale progetto viene, quindi, offerto a tutte le persone non italiane residenti nel nostro territorio. Inoltre, grazie anche al supporto del Cug, Comitato unico di garanzia dell’università di Verona, che ha patrocinato il progetto, verrà rivolto con particolare attenzione a tutte le studentesse straniere e gli studenti stranieri dell’Ateneo. Nello specifico a studentesse e studenti e cittadini stranieri verrà offerto un intervento strutturato con un modello "Stepped Care”, che si articola in una fase di primo livello con un intervento denominato “Doing what matters in time of stress”, “Fare ciò che conta nei momenti di stress”, che verrà somministrato in gruppo o individualmente online attraverso un’app con video, immagini ed esercizi, e in caso di perdurare dei sintomi psicologici, in un intervento di secondo livello denominato “Problem Management Plus” che verrà somministrato individualmente per insegnare diverse strategie di adattamento: dalla gestione dello stress al problem solving, dall’attivazione comportamentale (livelli di attività in generale incluso l'esercizio fisico) allo sviluppo di abilità per rafforzare il supporto sociale. Entrambi gli interventi sono stati messi a punto dall’Oms e vengono gestiti da uno staff composto da psicologi e psicologhe che contatteranno le persone interessate a partecipare per offrire l’intervento.

Il progetto Respond rappresenta, quindi, una modalità in cui l’università sviluppa un progetto di ricerca che si mette al servizio non solo della comunità accademica ma anche di tutta la cittadinanza con l’obiettivo di offrire un aiuto e un intervento preventivo contro la sofferenza psicologica in questo momento di pandemia.

Altre informazioni sul progetto sono disponibili sul sito:

https://respond-project.eu