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angle-left Nuovi nomi scientifici per i “fermenti lattici” - 24.04.2020

Tra i “fermenti lattici”, il genere Lactobacillus è considerato tra i primi 5 microrganismi che hanno maggiormente influenzato il pianeta durante la sua storia evolutiva: i lattobacilli sono, infatti, utilizzati per la produzione di molti alimenti come yogurt, lievito madre e bevande fermentate, e di probiotici. Per questi ruoli, si tratta di microrganismi ampiamenti utilizzati a livello industriale, con un impatto economico mondiale che supera 50 miliardi di dollari all’anno.

È stato pubblicato da poco pubblicato sull’International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology, lo studio, coordinato anche dall’ateneo scaligero, che descrive la proposta formale di revisione del genere Lactobacillus.

Un team di 15 scienziati provenienti da sette Paesi, guidato da Giovanna Felis del dipartimento di Biotecnologie dell’ateneo di Verona, Michael Ganzle dell’Università dell’Alberta (Canada) e Sarah Lebeer dell’Università di Anversa (Belgio), a cui ha partecipato anche, tra i primi autori, Elisa Salvetti, assegnista di ricerca dell’università scaligera, ha proposto una soluzione scientificamente solida per suddividere in nuovi raggruppamenti il genere Lactobacillus e per preparare al cambiamento i maggiori player industriali europei e mondiali, anche grazie al lavoro svolto negli ultimi due anni che ha compreso comunicazioni a congressi, collaborazioni con autorevoli associazioni scientifiche e di industrie, quali l’International Probiotic Association (Ipa), l’International Scientific Association of Probiotics and Prebiotics (Isapp), e l’European Food and Feed Cultures Association (Effca) e l’organizzazione di un workshop dedicato tenutosi a Verona il 4 e 5 ottobre 2018 dal titolo “Major changes in the taxonomy of Bifidobacterium and Lactobacillus: consequences for industry”, organizzato dal Lactic Acid Bacteria Industrial Platform (Labip).

“Prima della riclassificazione, il genere Lactobacillus includeva 260 specie, caratterizzate da una diversità genetica molto ampia, secondo diversi autori non compatibile all’appartenenza ad un unico genere”, spiega Giovanna Felis. “La ricerca scientifica è risultata limitata dall’accomunare microrganismi molto, troppo, diversi tra loro. Oggi queste specie sono suddivise in 25 generi, di cui 23 di nuova creazione, più omogenei da un punto di vista delle caratteristiche genomiche ed ecologiche. Da un punto di vista scientifico, la descrizione di gruppi omogenei faciliterà lo studio e la comprensione di meccanismi alla base delle proprietà salutistiche e tecnologiche di alcune specie”.

 Per quanto riguarda l’ambito industriale le aziende dovranno procedere all’aggiornamento delle informazioni sulle schede tecniche e le etichette di molti prodotti probiotici ad esempio Lactobacillus casei, Lactobacillus plantarum e Lactobacillus reuteri si chiameranno Lacticaseibacillus casei, Lactiplantibacillus plantarum e Limosilactobacillus reuteri, rispettivamente.

Dopo una fase di transizione, auspicabilmente breve, in cui sia la comunità scientifica che quella industriale dovranno abituarsi al nuovo codice di comunicazione, sarà più facile disegnare gli studi sperimentali e sarà fornita al consumatore maggiore trasparenza nella comunicazione, e potrà essere verificata la cura e serietà delle aziende nell’aggiornamento dei dati tecnici dei propri prodotti.

Per facilitare questo periodo di transizione, sono stati realizzati dei siti web di semplice consultazione, dove possono essere verificate le equivalenze tra nomi vecchi e nuovi: http://lactobacillus.ualberta.ca; http://lactobacillus.uantwerpen.be; http://lactotax.embl.de/wuyts/lactotax/

“Tali siti web, patrocinati anche dal nostro ateneo”, conclude Felis, “testimoniano la volontà degli autori di divulgare la novità in modo fruibile a tutti gli stakeholders, perché questo cambiamento non sia d’ostacolo, ma, al contrario, sia volano di innovazione. Gli studi tassonomici sono, infatti, necessari perché nomi scientifici precisi e corretti sono riferimenti fondamentali la ricerca e la comunicazione scientifica. Inoltre, nel caso di microrganismi utilizzati negli alimenti, hanno l’ulteriore valenza di essere veicolo di comunicazione tra aziende, attraverso le schede tecniche di prodotto e con i consumatori, attraverso le etichette di alimenti e integratori che contengono microrganismi”.